il problema attuale non è più la lotta della democrazia contro il fascismo ma quello del fascismo nella democrazia (G. Galletta)

Amicus Plato, sed magis amica veritas



lunedì 30 novembre 2009

"Figlio mio, lascia questo Paese"

"Figlio mio, lascia questo Paese"

“Figlio mio, stai per finire la tua Università; sei stato bravo. Non ho rimproveri da farti. Finisci in tempo e bene: molto più di quello che tua madre e io ci aspettassimo. È per questo che ti parlo con amarezza, pensando a quello che ora ti aspetta. Questo Paese, il tuo Paese, non è più un posto in cui sia possibile stare con orgoglio. ……clicca per la lettera completa”(fonte Repubblica)


….L’indignazione mi ha nuovamente fregato! Non riesco a sottrarmi a questo “Urlo” di un padre rivolto al proprio figlio cercando di prefigurare un futuro.
Il fatto che leggendo la firma e i ruoli possiamo lasciarci andare alla considerazione che comunque per quel figlio il futuro sarà più “facile” di altri non deve farci cadere nella supponenza che sia un urlo pretestuoso e inopportuno.
Le rivoluzioni sono non soltanto dei sovvertimenti di tipo sociale ma, soprattutto dei sovvertimenti di tipo culturale. La rivoluzione francese e quella americana sarebbero state solo dei cambi di regime e avrebbero condizionato molto poco l’era moderna se dietro non ci fosse stato il pensiero illuminista che si imponeva sull’oscurantismo imposto dalle gerarchie ecclesiastiche e dai casati reali. La riprova fu che non fu sufficiente un congresso di Vienna che riportò l’Europa ai vecchi regimi pre rivoluzione francese ad arrestare le lotte non solo per l’indipendenza in diversi paesi ma non arrestò una nuova coscienza sociale, una visione diversa e nuova della società.
La lettera di Pier Luigi Celli affronta la drammaticità dell’imbarbarimento che è avvenuto non solo politicamente nel nostro paese ma dello stesso imbarbarimento culturale che è stato perpetrato a danno dello stesso popolo italiano.
Un presunto liberismo dispotico e grezzo ha fatto si che i bisogni siano ridotti a quelli primari, quelli essenziali, al di fuori dell’etica e della morale: mangiare , riprodursi e provvedere alla propria autosopravvivenza .
Le campagne razziste della Lega, le ostentazioni di costume legate al sesso dell’attuale Premier,l’indottrinamento attraverso le tv di regime e la sistematica distruzione dell’impianto della nostra scuola pubblica sono il supporto culturale di questo “modello sociale”, non soltanto lontano da ipotesi di pensiero genericamente di sinistra, ma, anche di un pensiero liberal-borghese che un’etica liberista la segue con rigore.
E’ in grado la Sinistra italiana di dare su questo piano una risposta culturale adeguata?



pillole di filosofia e di saggezza

sabato 28 novembre 2009

SOLDATINI POLITICI : IL RITORNO

Nasce la RETE@SINISTRA e appena qualcosa si muove i soldatini politici che com’è notorio non dormono mai, tornano a presidiare il loro territorio, guardiani di uno spazio che deve restare inviolabile ai mortali cui al limite concedono “la creazione di scuole politiche” o anche “la selezione dei dirigenti con le primarie” oppure verità disvelata, il segreto di Fatima, l’apoteosi intuitiva del genericismo democratico “costruire una vera organizzazione democratica”.Il soldatino è un professionista e come tale vive in costante allerta.
Pronto agli ordini. Il soldatino non discute gli ordini, gli è vietato, li esegue punto e basta. Spara! e lui spara.
Salva colui a cui hai sparato! e lui corre e salva colui a cui ha sparato.
A quanto pare ogni forza politica deve avere il suo piccolo manipolo di truppe lobotomizzate da pronto impiego tattico armate fino ai denti di copia e incolla.
A volte soldati semplici altre sergenti maggiori di lungo corso, gente che la sa lunga.
Il soldatino politico non pensa, ha solo una memoria da 1 Giga, non può elaborare niente in autonomia, non si può pretendere troppo, ha una porta usb dalla quale vengono impartiti i suoi ordini sotto forma file word.
I soldatini hanno un frasario standard, poco elaborato, cosi non lo dimenticano e non fanno confusione, il soldatino usa un lessico arcaico, la diacronica del linguaggio gli è oscura, profusione di aggettivi ripetuti, sempre gli stessi, parole usate e piegate ai più diversi usi incuranti della semantica come per altro della realtà, mistificata, plasmata, ipertrofiata o smagrita della sua essenza fino alla vista delle ossa.
La sua ottica è costruita per non riconoscere le sfumature, nel suo mirino inquadra solo l'amico o il nemico, che come detto all'occorrenza possono invertirsi con estrema facilità.
Va da se che è incapace di scambio profondo ed è totalmente inetto nella ricerca ad ampio raggio, tende però ad essere luminosamente infingardo, lodevoli i suoi atti di vittimismo o di estrema contrizione appena commesso uno spettacolare omicidio.
Sono stati rilevati casi di soldatini che, a causa dello stress post traumatico da contesa elettorale, hanno tentato di vendere la madre, inquadrato nel mirino il padre, estorto firme false su documenti politici a nonni incapaci.
I soldatini non vanno in pensione ce ne sono di giovanissimi, ma anche di esperti con cicatrici di tante battaglie celate da tatuaggi scoloriti di simboli primitivi.
Di solito hanno un look anonimo, perchè all'occorrenza devono mimetizzarsi.
Il soldatino nella sua camaleontica mimesi, sa sembrare donna se è uomo, sa fingersi cieco da un occhio, balbuziente, coprire ogni posizione dello scacchiere politico e non solo, si sono registrati, anche se sparuti, casi di soldatini capaci di assumere le sembianze di Rabbini I soldatini di sinistra, anche se non lo confesseranno mai, (hanno un tasto di autodistruzione se gli viene citato il manuale) studiano sul manuale Elio Vito1.0 (...tu mi hai interrotto, allora vedi che interrompi, voi interrompete, io non l'ho interrotta...) Ogni ceto politico che si rispetti deve esserne provvisto, altrimenti la guerra è impossibile.
Dove vengano custoditi nei rari momenti di pax politica è un mistero.
C'è chi dice ne siano pieni i sottoscala di alcuni senatori e deputati. Qualcuno è stato ritrovato, ma con pezzi mancanti nei ripostigli di vecchie sezioni di partito.
I nuovi modelli hanno batterie al litio e celle a energia solare per un impiego senza sosta.
Rimane un interrogativo di fondo.
"Ma i soldatini politici sognano pecore elettriche?"
Jacopo Landi
(fonte mailing list)



lunedì 23 novembre 2009

Rete a sinistra per rinnovare la politica

(Sintesi dei lavori svolti a Firenze il 21 e 22 Novembre per la Rete@Sinistra)

Il rinnovamento e la riforma delle pratiche e dei modelli organizzativi
della sinistra

1. STRUTTURARSI

La forma della rete non può prescindere da una struttura a nodi partecipati ed in equilibrio reciproco. La costruzione della rete richiede un'etica condivisa sostanziata da un insieme di regole che via via formano una comunità aperta e inclusiva. La struttura della rete ed il carattere non violento della sua azione presuppongono un superamento dell'idea del soggetto politico come portatore di verità esclusive.
La partecipazione praticata ed elaborata dalla rete potrà servire da esempio anche per riformare le modalità decisionali della democrazia rappresentativa. Il nodo è un'aggregazione inclusiva (sistema aperto) e si riferisce ad uno spazio: esso è l'unità costitutiva della rete e al tempo stesso garantisce il massimo di partecipazione locale a partire dai bisogni. I principi generali di partecipazione si applicano ad ogni nodo.

1.a. Modello a struttura partecipativa

Si intende un modello che intreccia dimensione sociale e dimensione politica, nel quale le decisioni vengono sempre prese col massimo della partecipazione “possibile” e coloro che partecipano sono dotati di un eguale potere decisionale (una testa un voto). Il “possibile” sta ad indicare che, a seconda del livello cui compete la decisione (dal quartiere al livello nazionale), la partecipazione può essere diretta o tramite delega (democrazia di mandato). Quando si tratti di scelte particolarmente significative, deve comunque essere prevista la partecipazione diretta.

1.b. Perché diciamo no al modello a struttura centralistica e gerarchica

1.b.1. È il modello tradizionale del potere tanto più nella sua aggiornata versione leaderistica. È incompatibile con la democrazia partecipata. Il confronto viene requisito dai gruppi dirigenti e monopolizzato dalle posizioni che in esso vi esprimono i leaders, secondo un senso monodirezionale, dall’alto al basso.

1.b.2. La selezione dei gruppi dirigenti avviene secondo criteri di affinità o di fedeltà, comunque sempre di continuità con quelli consolidati, mortificando sensibilità, entusiasmo e capacità considerate non omogenee.

1.b.3. Non solo non promuove autonomia, ma teme qualunque iniziativa che possa mettere in pericolo la stabilità dei rapporti di potere dell’organizzazione.

1.c. Modello a struttura confederativa territoriale

E’ un modello a rete, non gerarchico, fondato sulla responsabilità e sulla partecipazione democratica con poteri decisionali. Presenta evidenti rischi di frammentazione, superabili soltanto a condizione che il fondamento partecipativo sia costantemente attivo. La struttura confederativa non è necessariamente da collegare a confini amministrativi, quanto alle esigenze di riconoscimento e di rappresentanza delle diverse realtà territoriali. Va previsto un coordinamento a livello nazionale non centralistico.


Le idee sulle modalità di organizzazione e coordinamento a livelli intermedi sono varie:
coordinamenti provinciali/regionali/macroaree (nord-centro-sud).

La proposta è di sperimentare, prendendo una decisione più definita in un secondo momento quando la rete sarà più matura.

Per quanto riguarda le adesioni, si propone che per il momento siano sia collettive che individuali.

2. DECIDERE

2.a. Forme della decisione

2.a.1. Ogni decisione deve essere assunta con la massima consapevolezza. Il presupposto, perciò, è quello di un’esauriente e tempestiva informazione di cui tutti/e possano disporre. Ai fini di una scelta consapevole riteniamo necessario che i documenti alla base della discussione contengano ed evidenzino in maniera chiara le opzioni diverse sulle quali si deve decidere.

2.a.2. Vanno previsti vari momenti di approfondimento e di confronto collettivo: più le persone sono informate del cuore della decisione più possono decidere in modo partecipativo: democrazia deliberativa e democrazia partecipativa sono interdipendenti.
Riteniamo perciò fondamentale che prima della discussione si individuino i temi oggetti del dibattito e si determino i temi della discussione e i tempi entro i quali si effettua la decisione di chiusura delle riunioni o assemblee, ossia riteniamo necessaria la definizione e il rispetto effettivo dei tempi di lavoro e di votazione.

2.a.3. Ai diversi livelli,di volta in volta, debbono essere precisati i temi sui quali la decisione verrà assunta con la partecipazione diretta di tutti/e gli/le aderenti, e quelli sui quali si opererà tramite una forma di democrazia delegata (di mandato). Per entrambi i casi dovranno essere esplicitate le procedure da adottare.

2.a.4. Le decisioni devono essere prese prioritariamente con il metodo del massimo consenso, che può e deve combinarsi col metodo del voto, secondo il principio “una testa un voto”, in modo da garantire la più attiva partecipazione in tempi utili all’operatività.
Ci impegniamo a lavorare nella direzione del dialogo e della mediazione condivisa: in assenza di un largo consenso non si assumono decisioni su una data materia. Le decisioni vanno assunte con maggioranze larghe. Le decisioni, quando siano prese a maggioranza, vengono poi assunte dalla rete.

Le minoranze sono garantite su specifici temi (come diritti civili ecc.), rendendo pubbliche le loro posizioni.

In caso di dissenso ci dovrebbe essere un impegno a favore di un principio di non ostilità verso le decisioni rispetto a cui si è in disaccordo. La minoranza in disaccordo può legittimamente astenersi dall’applicare attivamente la decisione, ma deve riconoscerne la legittimità.
I processi di formazione delle decisioni, anche se presi a maggioranza la più larga possibile, devono valorizzare al massimo gli aspetti condivisi. Ad ogni decisione va associata la sua storia, in modo che il percorso decisionale possa essere tracciabile. Deve anche essere previsto un feedback (verifica) della decisione presa.

3. DIRIGERE E RAPPRESENTARE

3.a. Perché diciamo no al leaderismo

Il modello a struttura leaderistica si è diffuso nel nostro paese spinto dal terremoto provocato da tangentopoli. I partiti, devastati dalle indagini, accreditarono l’idea che la salvezza del sistema democratico risiedeva nel fare in modo che i poteri esecutivi, e primariamente chi li rappresenta, fossero sottratti dai rischi corruttivi della miriade di correnti e clientele e potessero decidere senza lungaggini. Occorreva, allora, una diretta investitura dal popolo. Questa fu l’impronta della legge di riforma per gli enti Locali. Il modello si è poi rapidamente esteso ai partiti, anche sull’onda del berlusconismo. Ad una crisi che reclamava maggiore democrazia e maggiori controlli dal basso, si è risposto esattamente al contrario.

L’iscritto/a dispone di un potere decisionale soltanto al momento della elezione del leader. Fino all’elezione successiva la partecipazione viene attivata soltanto a sostegno delle decisioni prese dagli organi nazionali, o direttamente dal leader.

Gli stessi organi dirigenti non hanno poteri effettivi essendo composti in funzione del primato del leader. Ciò non impedisce, tuttavia, il lavorio oscuro di gruppi o correnti che, proprio per non potersi esprimere alla luce del sole, si configura sempre come sotterranea lotta di potere.

Il leaderismo sviluppa l’opportunismo politico, la fedeltà dichiarata al capo, e quindi anestetizza il confronto delle idee e lo spirito critico. Fenomeni questi già presenti all’interno dei partiti storici della sinistra a organizzazione piramidale, ma allora compensati o almeno controllati da quel radicamento territoriale e sociale proprio del “partito di massa”, che oggi non esiste più.

Il modello leaderistico si è diffuso anche nella periferia, riproducendo un’analoga situazione di restringimento degli spazi democratici e di passivizzazione della politica.


3.b. Selezione e ruolo delle funzioni di coordinamento e di rappresentanza della rete nazionale

3.b.1. La funzione di chi è chiamato a svolgere compiti di rappresentanza e coordinamento operativo della rete è quella di organizzare e promuovere il dibattito perché le decisioni possano essere prese in forme partecipative. Fondamentale è la comunicazione sia fra le realtà locali che fra i livelli locali e nazionali.

Sono oggetto di responsabilità di livello nazionale sia la risposta ai temi di attualità, sia l’elaborazione di proposte su temi specifici.

3.b.2. Per evitare il formarsi di supremazie personali legate all’incarico, è opportuno che esso sia sempre di breve durata secondo un criterio di rotazione che valorizzi nel più alto grado le potenzialità del collettivo.

Può essere prevista la rotazione, la fissazione di limiti temporali di mandato o entrambe, a seconda del tipo di incarico.

Gli incarichi possono essere attribuiti tramite sorteggio fra i/le disponibili.

3.b.3. In questo modo può essere superato il professionismo politico, uno dei punti inizialmente qualificanti dei partiti del Novecento, che è via via degenerato fino a dar vita ad un ceto politico corporativo di fatto “proprietario” dei partiti e poi delle stesse istituzioni. Questa degenerazione, che rende difficile rapportarsi ai partiti, esiste a prescindere dalla volontà dei singoli loro dirigenti.

3.b.4. Rotazione negli incarichi e superamento del professionismo costituiscono un ulteriore elemento di garanzia affinché l’esperienza e l’impegno in politica siano il frutto di una scelta del tutto estranea a convenienze personali e dettata esclusivamente dal desiderio di essere parte attiva nella costruzione di un progetto di cambiamento. Non sono da confondere professionismo e autorevolezza: aspetti che possono essere riconosciuti sia in termini elettorali sia in un incarico a rotazione a tempo.

Proponiamo la rotazione degli incarichi ed il bilanciamento di genere, con durata degli incarichi da sei mesi a un anno per i/le referenti locali, mentre a livello nazionale la carica può durare più a lungo (ma sempre con un termine da definire).
Si sottolinea l’importanza di garantire la crescita e formazione politica di tutte le persone. In questo contesto i/le referenti ai vari livelli devono essere ben formati. Nel momento operativo devono sempre informare, essere trasparenti e disponibili nei confronti del resto del gruppo, con una verifica continua.

3.b.5. L’individuazione dei/delle rappresentanti nelle istanze di livello territoriale superiore, dove gli incarichi potranno avere una durata maggiore, dovrà essere compiuta con la modalità della democrazia diretta, e coloro che risulteranno eletti/e dovranno con frequente periodicità sottoporre a verifica l’esercizio del loro mandato.
Un’idea: l’assemblea nazionale della rete sarà formata da delegati/e dei nodi territoriali (nel rispetto del criterio della parità di genere).

3.b.6. In una struttura a rete, come far vivere un coordinamento nazionale che non riproduca rapidamente meccanismi centralistici? Quali forme di partecipazione alla discussione e alla decisione si possono immaginare e sperimentare per questo?
L'individuazione dei/delle rappresentanti nel coordinamento operativo nazionale avverrà per sorteggio, salvaguardando il criterio della parità di genere e quello della rappresentatività territoriale. Anche la sede del coordinamento nazionale sarà stabilita a rotazione, con eventuale sorteggio, fra i soggetti collettivi aderenti.

Si deve privilegiare l'incontro diretto fra le persone. La rete deve trovare però modalità creative per garantire la partecipazione effettiva ai lavori e alle decisioni di tutti i membri a prescindere dalle loro risorse (economiche, culturali, di tempo, ecc.). A questo scopo si propone l'utilizzo di forme multimediali di partecipazione (ruolo di Internet, del Forum sul web, videoconferenze ecc.) e la partecipazione decentrata. Si auspica e si persegue il coinvolgimento pubblico (di enti e strutture pubbliche) nel creare spazi di incontro.

venerdì 20 novembre 2009

Sesso e politica: si abbassano le difese immunitarie, attenzione all'H1N1

Oggi ad essere ingenerosi potremmo dire e scrivere che l’ambiente dei trans, specialmente romani, presenta aspetti inquietanti di sopravvivenza.
E’ stata trovata carbonizzata nel suo “appartamento” Brenda il trans del caso Marrazzo. A settembre era stato stroncato da overdose Gianmarino Cafasso protettore di trans, e a settembre anche se non era di dominio pubblico il caso Marrazzo era di fatto gia ben avviato.
E’ costellata di morti “strane” la storia repubblicana italiana: Salvatore Giuliano, Gaspare Pisciotta, Michele Sindona, Roberto Calvi, Mino Pecorelli , senza voler citare altri casi in cui la Mafia ha di fatto siglato morti eccellenti.
Le mie saranno anche riflessioni azzardate, ma quanti furono quelli che visionarono il filmato che ritraeva Marrazzo in compagnia dei trans? Quali accordi furono presi tra gli spettatori del filmato?
Quali legami ci sono con la precedente vicenda in cui era stato messo in atto un tentativo per screditare Marrazzo stesso?
E’ il connubio tra sesso politica e scarsa moralità ad abbassare le difese immunitarie o solo l’approccio alla politica può risultare devastante?

mercoledì 18 novembre 2009

Quando le parole...lasciano spazio alle immagini, lasciano spazio all'Arte

E' questo un omaggio all'amica "Mia", ai suoi pennelli e alla musica che si diffondeva mentre creava sorprendenti trasparenze su fogli che si animavano con i colori della fantasia (Loris)
MARIA GILDA POGGI "MIA" (MIGNANEGO (GE) 1924 - VEREZZI 1999)


Verezzi: un antico piccolo paese ligure, memore addirittura di insediamenti preistorici sopra i quali, casa dopo casa, era sorto, alto sul colle i cui fianchi scendono e si aprono a golfo per l'ampio abbraccio del mare.
Poche case di pietra che, per la loro mediterranea architettura a volumetrie cubiche e per il legarsi tra di loro dei tetti a terrazzi che si rincorrono, tipicamente richiamano lontani probabili innesti o (comunque) tipologie arabo­ saracene. Case di pietra addossate, quasi attruppate, che gente fuggiasca, sbarcata qui a cercar riparo, aveva elevato a difesa contro pirateschi attacchi dal mare, poi riunite in quattro borgate, sparse e sospese nella gloria della luce marina.
Non soltanto, dunque, uno dei tanti gioiosi paesini dell'incantevole riviera Ligure; ma, anche, qualcosa di più: un'opera poetica che da secoli veglia dall'alto le case a mare e i giardini di palme, di oleandri e di buganvilee del paese di Borgio, che, più tardi, nei secoli, si è generato; e, quando si fa notte, lassù sul profilo della collina le sue piccole luci si accendono affettuose e protettive come un presepe.
Proprio qui, a Verezzi, in una delle sue borgate, la Mia, dal 1978, abita e dipinge. L'anagrafe parla di Maria Gilda Poggi, nata a Mignanego - provincia di Genova il 9 Maggio 1924. Ma vi sono sempre verità più profonde delle verità dell'anagrafe.
Cosi, in realtà, la Mia non ha anni. O, forse, ha solo gli anni della sua infanzia, di un'infanzia libera e fantasiosa, non mai spenta dentro di lei.
Ligure di nascita, dunque, ma con dirette ascendenze toscane, l'acutezza del suo segno (e di una sua intelligente attenzione critica e divertita del mondo) fa presto di lei una straordinaria matita che coglie a volo caratteri e personaggi e inventa situazioni e favole.
Per cui, dagli anni 50 al 1976 la troviamo. dopo breve passaggio per l'Accademia d'Arte di Genova, tutta impegnata tra grafica, strisce di sottile racconto umoristico, pubblicità e illustrazioni vivaci e spiritose di testi scolastici, mentre lavora per grandi editori come Mondadori. Le Moonier, Rizzoli, nonchè per altri editori stranieri.
Ma c'è tanto rumore nel mondo, c'e tanto rumore. tanto inganno e tante fame usurpate. Senza fama, in piccoli angoli sperduti della terra, avvolti solo dalle penombre delle proprie stanze, fasciati di solitudine e di silenzi gonfi di immagini e di segni, vivono a volte i poeti. Cosi è venuta la Mia a Verezzi. a cercare le proprie stagioni mature, la propria pittura la poesia.
Ed in questo modo, senza alcuna retorica, ma per interiori vie di osservazione e di quotidiana ricerca, guardando ogni giorno il mondo – quello esterno e quello interno - e il foglio bianco in attesa dei segni rivelatori, acquarello dopo acquarello, ecco che la Mia ha alimentato e fatto crescere una notevole e personale opera di pittura, solida e sognante un mondo di limpida e armoniosa poesia. Tanto che di lei oggi si può parlare dell'impareggiabile poetessa di Verezzi.
Ed era veramente difficile"dipingere" Verezzi: poiché é estremamente difficile e pericoloso far opera di poesia su di una natura che è gia poesia, Ma come la Mia sia riuscita in questo arduo compito è ora da dire ed è anche forse presto detto.
Anzitutto, va precisato che la Mia non ha fatto del paesaggismo a buon mercato; ha trafitto, con Io sguardo che penetra e trasfigura il reale,
I lunghi comignoli che si drizzano sui terrazzi come personaggi incappucciati o come sentInelle delle piccole case; vi ha mescolato i propri fantasmi trasvolanti tra nuvole e chiari di luna, gli alberi e le case, ha fatto lievemente ondeggiare paesi e i cieli insieme agli spiriti dei gatti che per ogni dove popolano,non solo le sue stanze, ma i suoi affetti e i suoi sogni; spiriti che a volte traspaiono, indolenti e lievi, tra le mura di pietra di una fantasmatica Verezzi, allungati e sognanti come" Des grands Sphinx allonges au fond des solitudes” (Baudelaire) e, a volte, si ergono in gigantesche trasparenze tra cortiletti e finestrelle e salgono, insieme all'ora che passa, alle lievi brezze e ai più segreti pensieri, fino a confondersi con le nuvole.
Mia Poggi è un artista che mentre ha occhi ben spalancati sul mondo, mantiene vivo il proprio sguardo interiore, e, con un terzo sguardo (o un terzo occhio. si potrebbe dire) fonde e rimescola secondo propri ordini e proprie sintassi. i mondi diurni e notturni, esterno e interno, cose e fantasmi, paesi e luci del mondo e interiori geografie, altrettanto luminose, per una realtà più ricca. sognata e narrata sopra la realtà di ogni giorno.

Dino Formaggio
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI MILANO
CATTEDRA DI ESTETICA


1977- LA MERCIAIA DEL PASSATO

(fonte del testo il catalogo "RICORDI DI RICORDI - MIA POGGI")

Quando le parole non servono 2

(Inverno a Verezzi) 1978 Maria Gilda Poggi ( MIA)





martedì 17 novembre 2009

ne dio ne stato, ne servi ne padroni..... ma soprattutto non siamo dei coglioni

Come contribuente soccombo tutti gli anni all’estorsione dell’8 per mille che indirizzo puntualmente verso lo Stato non avendo assolutamente l’intenzione di finanziare enti religiosi.L’auspicio è che questo prelievo forzoso sia impiegato per finanziare recuperi artistici (forse l’archivio del Vasari potrebbe rimanere dell’Italia) o, anche interventi straordinari come nel recente dramma del terremoto che ha colpito l’Abruzzo ed in particolare l’Aquila.Non volendomi dilungare troppo su quelle che sarebbero necessità fin troppo evidenti di interventi da parte dello Stato Repubblicano resto attonito, impietrito e incazzato nell’apprendere come colui che evidentemente si sente insignito del titolo di sovrano ha ripartito una buona fetta di quel prelievo forzoso :

“Pontificia Università Gregoriana in Roma, 459 mila euro.
Fondo librario della Compagnia di Gesù, 500 mila euro.
Diocesi di Cassano allo Ionio, 1 milione 146 mila euro.
Confraternita di Santa Maria della Purità, Gallipoli, 369 mila euro.
L'elenco è lungo 17 pagine e porta in calce la firma del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.”

Posso anche comprendere che da quando nel 380 il cristianesimo divenne la religione ufficiale dell’impero, citando Acton, la chiesa diventò “la stampella dorata dell’assolutismo”.Posso comprendere ma non condividere in un regime repubblicano e laico che un presidente del consiglio acquisti in questo modo “indulgenze” molto utili a tenere anestetizzate le menti di quello che dovrebbe essere il popolo sovrano.
E’ sorprendentemente disgustoso rilevare che dell’8 per mille solo il 2% è andato a coprire la voce “fame nel mondo” indirizzando fondi verso 10 onlus restando ben al di sotto del fabbisogno richiesto.A completamento di questa vergognosa elargizione resta la quota destinata alla cultura, che per non cadere in tentazione, viene indirizzata in grande misura al recupero di chiese, parrocchie, conventi…e quant’altro profumi d’incenso.







Quando le parole non servono

(senza titolo) 1978 Maria Gilda Poggi ( MIA).jpg




venerdì 6 novembre 2009

E SE IL GRANDE FRATELLO LO FACESSIMO IN UNA FABBRICA OCCUPATA?

….Ecco perché non dobbiamo stupirci se :
1) Berlusconi è al governo
2) Brunetta è un ministro della Repubblica
3) La Carfagna è ministro…e delle pari opportunità
4) Marrazzo va con i trans (e si fa beccare)
5) La Binetti continua a restare nel PD
6) ……………
7) ……………





....Come forse direbbe Totti...These Dicks!!!!
La possibilità di incidere sul livello culturale di un paese che fa arrivare alla decima edizione trasmissioni come il grande fratello, rischia di essere pari a zero.
Il problema non è perchè uno è disoccupato, precario o cassaintegrato , ma che non ha più gli strumenti per capire perchè è in quelle condizioni.
Esisteva una maggior coscienza di classe nelle masse operaie e contadine di inizio 900 con gli scarsi mezzi di comunicazione che esistevano, che nell'era di internet nella miriade di lavoratori precari.
Riprendiamoci la nostra coscienza!

martedì 3 novembre 2009

“Quando si sogna da soli è un sogno, quando si sogna in due comincia la realtà” **

Oggi avrei voluto scrivere sulle ultime dichiarazioni del Presidente Napolitano sul “Sionismo”, ma visto l’attenzione che ha riscontrato l’ultimo post sulla striscia di Gaza la riflessione voglio farla più ampia, perché mi sembra evidente che alla così detta “blogosfera” non frega una beata mazza di niente se a Gaza si continua a morire e di morte lenta. Non ci sono le fotografie dei massacri o i filmati da esibire come a gennaio. Oggi evidentemente il problema “Gaza” non offre richiamo sul proprio blog e quindi meglio rincorrere l’ennesima cazzata su Berlusconi o su qualche episodio che tratti magari di tette trans o cose affini. Ad intristire ulteriormente il fatto che in questa logica perdente dal punto di vista politico e inutile culturalmente parlando, stanno la maggior parte dei blogger di sinistra. L’assurdo diventa regola nel momento in cui tutti rincorrono una notizia prodotta normalmente da un quotidiano, si prodigano in giudizi e fin troppo spesso non offrono neanche in minima parte possibilità di soluzioni a quel determinato problema.
In quanti dopo aver scritto a gennaio su Gaza è riuscito concretamente a metter 20 minuti del suo tempo (il tempo per scrivere un post) a disposizione di una delle tante iniziative sui soccorsi umanitari per Gaza?
In quanti dopo essersi pianti abbondantemente addosso sul problema più che reale del lavoro e del precariato hanno sentito l’esigenza di confrontarsi e trovare una possibile , magari anche sbagliata , soluzione al problema del precariato, del posto fisso o della ben più grave perdita del lavoro?
I nani e i giocolieri appartenevano a ben altro clima politico, l’emergenza democratica non è una invenzione di pochi facinorosi estremisti, l’impossibilità di creare il supporto per i nostri figli come fecero i nostri padri è devastante dal punto di vista sociale.
La blogosfera non è il luogo preposto per fare azione politica ma sicuramente può essere un mezzo per parlare e confrontarsi con la politica. Attualmente è un videogame dove i più scopiazzano articoli di giornali diventando di fatto strilloni di qualcuno senza magari neanche comprenderne il significato.
Sono profondamente convinto che nel momento in cui quella capacità di indignarsi per una ingiustizia nei confronti dei più deboli, degli ultimi, si affievolisce, muore e si trasforma in un mezzo di autopromozione narcisista il percorso verso una società diversa e migliore si perde, perdendo quindi anche la speranza, togliendo di fatto la speranza a chi non per scelta è ultimo.

I miei ultimi post hanno trattato temi come il lavoro e il precariato, diritti umani in Grecia e a Gaza, infine uno mezzo ironico (il contenuto era da piangere in realtà) su Berlusconi e la scoperta dell’acqua calda da tanto che era ovvio.
A parte alcuni, pochi, interventi su quello del lavoro qualificati, i post sono stati disertati come se il problema non esistesse. Quelli sui diritti umani praticamente ignorati e quello su Berlusconi in circa 24 ore forse 1500 visite.

A diversità dei post precedenti questo lo linkerò solo sul mio profilo su facebook non postandolo sugli aggregatori, lascio ad altri se riterranno giustificate le mie parole fare girare il post dove riterranno opportuno.
Voglio ringraziare chi anche senza commentare ha mostrato sempre un apprezzamento sulle cose che ho scritto provenendo anche da blog assai differenti come genere lasciando inevitabilmente traccia sulle statistiche.
Loris
(**E. Che Guevara)

Vent'anni fa iniziava un percorso accidentato della sinistra. Rompere alcune catene ha richiesto coraggio e coerenza, chi però ha voluto rompere le catene senza sapere dove andare ha distrutto e consegnato la sinistra al revisionismo storico e all'imbarbarimento politico.

BEGIN

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